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La Scimmia di Pietra

 

Questa volta la storia inizia su una nave che porta a bordo dei clandestini verso la terra della libertà, gli USA. Sulla nave è presente un uomo senza scrupoli, detto lo Spettro. Lyncoln Rhyme, il famoso consulente della polizia di New York è sulle sue tracce, riuscendo addirittura a capire dove mandare le forze di polizia ad aspettare lo sbarco. Lo Spettro fiuta qualcosa e fa scatenare l'inferno, tanto per tenere alto il suo nome...

Si scatena una caccia all'uomo, le indagini dovranno varcare dei confini praticamente vietati. Rhyme ha finalmente un avversario degno di questo nome davanti a lui.

Il nome del romanzo è "scimmia di pietra", un esplicito riferimento ad un portafortuna che incontreremo dalle prime pagine...

Quest'oggi ho intenzione di parlarvi dell'ennesimo libro dello scrittore statunitense, Jeffery Deaver. Dopo aver parlato di "la sedia vuota" è giunto il momento per la successiva indagine di uno dei personaggi che più preferisco nel panorama letterario moderno, ovvero Lincoln Rhyme. Vi parlerò di "La scimmia di pietra".

Prima di iniziare volevo un pò raccontare, a grandi linee, quella che è la storia di questo personaggio, anche per perpararvi a quel pezzo della sua vita che si trova in questo romanzo, con i relativi retroscena e i vari collegamenti.

Lincoln Rhyme è un criminologo, uno dei più grandi esperti per quanto riguarda le indagini sulla scena del delitto. E' più uno scienziato che un tutore dell'ordine, e lo dimostra la sua straordinaria dimestichezza con le prove.

Rhyme è convinto che un caso può essere risolto, senza alcuna ombra di dubbio, con l'analisi dettagliata delle prove rinvenute sulla scena del delitto, poichè ha poca fiducia nell'uomo, nel testimone, perchè mente.

Questo è il grande pregio di Lincoln. Ma ha anche un difetto, uno di quelli che ti porta inevitabilmente ad andar via dalla polizia per fare il consulente esterno, uno di quelli che ti costringe a stare in un letto o in una sedia a rotelle sofisticata. Lincoln Rhyme a seguito di un gravissimo incidente (sempre in quella famosa scena del crimine) ha perso l'uso di quasi tutti i suoi muscoli (può muovere testa, parte delle spalle e un solo dito)... Rhyme è un tetraplegico.

Questa disgrazia, l'impossibilità di fare tutto quello che fa qualsiasi essere umano, lo ha portato spesso a pensare di farla finita con la vita... la sua salvezza è stata Amelia Sachs, prima suo braccio destro, poi anche sua amica ed infine qualcosa di più.

Grazie a lei ha ritrovato la voglia di risolvere i casi, poichè se lui è la mente Amelia è sicuramente il braccio, colei che agisce sul posto seguendo le sue direttive.

Questa coppia la ritroviamo, più in forma che mai, in questo romanzo... tra loro non mancano gl'attriti, ma chi altri può risolvere i casi più complessi?



Ne "La scimmia di Pietra", Lincoln e Amelia si trovano di fronte all'ennesimo caso impossibile. Questa volta hanno a che fare con qualcosa di grosso, devono dare la caccia allo "spettro", un trafficante di esseri umani cinese.

Lo spettro si trova su una nave che trasporta, oltre al normale carico, anche diversi clandestini, che hanno pagato con i risparmi di una vita un viaggio verso il sogno, verso gli Stati Uniti d'America. Grazie all'analisi di alcune prove, unite ad un intuito infallibile, Lincoln è riuscito a finire sulle tracce del famigerato criminale...

Ancora una volta, in una frenetica lotta contro il tempo, Lincoln ed Amelia dovranno trovare lo spettro, affinchè questi non uccida i clandestini che sono scampati all'esplosione della nave che li strava trasportando...

L'ennesima prova per i nostri due eroi, l'ennesimo libro pieno di suspence e colpi di scena. Seppur l'indagine appaia insolita, ancora una volta Deaver riesce a catturare l'attenzione del lettore e lo colpisce con un romanzo indimenticabile.

Personalmente credevo di trovarmi di fronte un leggero calo di prestazione dello scrittore, dopo aver letto in successione i primi libri che narravano le vicende di Rhyme.. per fortuna mi sono sbagliato e mi ritengo più che soddisfatto.

Aumenta dunque la stima per questo scrittore e la passione per i suoi romanzi, uno più bello dell'altro.

A differenza della maggior parte dei capitani e degli equipaggi che pilotavano i "secchi" - le navi usate per il traffico di esseri umani - e che nel migliore dei casi ignoravano o persino picchiavano o violentavano i passeggeri, Sen non trattava male i clandestini. Anzi, era convinto di fa­re qualcosa di buono per loro: stava aiutando quelle famiglie ad abban­donare una vita di stenti per raggiungere quantomeno la speranza di un'esistenza felice in America, Meiguo in cinese, che significa lo "Splen­dido Paese". In quel particolare viaggio, comunque, i clandestini per la maggior parte non si fidavano di lui. E chi avrebbe potuto biasimarli? Davano per scontato che Sen fosse in affari con la testa di serpente che aveva noleggiato il Dragone di Fuzhou: Kwan Ang, universalmente noto con il suo soprannome Gui, lo Spettro. Macchiati dalla terribile reputa­zione della testa di serpente, gli sforzi del capitano per comunicare con i clandestini erano stati del tutto vani e gli avevano fatto guadagnare un unico amico. Chang Jingerzi - che preferiva essere chiamato con il suo nome occidentale, Sam Chang - era un ex insegnante di quarantacinque anni della periferia della grande città portuale di Fuzhou, situata nella Ci-na sudorientale. Assieme a lui viaggiava tutta la sua famiglia: la moglie, i due figli e il padre, ora vedovo.

In una decina di occasioni durante il viaggio, Chang e Sen aveva­no sorseggiato insieme nella stiva il potente mao-tai che il capitano non si faceva mai mancare durante i viaggi e avevano parlato della vita in Cina e negli Stati Uniti.

Il capitano vide Chang seduto su una branda in un angolo della stiva. L'uomo alto e dall'aria placida si accigliò subito non appena notò lo sguardo fin troppo eloquente del capitano. Chang porse al figlio adolescente il libro che stava leggendo ad alta voce ai suoi familiari e si alzò per andargli incontro.

Tutt'attorno a loro calò il silenzio.

"Il radar mostra una nave che si avvicina velocemente alla nostra rotta per intercettarci."

Sui volti di coloro che avevano sentito comparve un'espressione di cupo sconforto.

"Gli americani?" chiese Chang. "La loro Guardia Costiera?"

"Penso di sì", rispose il capitano. "Siamo in acque statunitensi."

Sen guardò i volti terrorizzati dei clandestini attorno a lui. Come accadeva alla maggior parte degli irregolari che aveva trasportato, an­che tra loro - molti erano perfetti sconosciuti che non si erano mai incentrati prima - si era formato un saldo legame di amicizia. E ora si stringevano le mani gli uni con gli altri e si scambiavano a bassa voce parole rassicuranti. Gli occhi del capitano indugiarono su una donna che teneva tra le braccia una bambina di diciotto mesi. La madre, che era rimasta sfregiata in seguito a un pestaggio in un campo di rieduca­zione, chinò il capo e cominciò a piangere.

"Cosa possiamo fare?" chiese Chang, preoccupato. Il capitano Sen sapeva che l'uomo era un dissidente e che era stato spinto a parti­re dal bisogno disperato di abbandonare il suo paese. Se fosse stato espulso dall'Ufficio Immigrazione americano, probabilmente sarebbe finito in una delle famigerate prigioni della Cina occidentale come pri­gioniero politico.
"Non siamo lontani dal punto dello sbarco. Stiamo procedendo a tutta velocità. Forse riusciremo ad avvicinarci abbastanza alla costa perché possiate abbandonare la nave sulle scialuppe."
"No, no", disse Chang. "Con queste onde? Moriremmo tutti."

"Mi sto dirigendo verso un'insenatura naturale. Lì, le acque do­vrebbero essere abbastanza calme perché possiate usare le scialup­pe. Sulla spiaggia troverete i camion che vi porteranno a New York."

"E lei che cosa farà, capitano?" chiese Chang.

"Mi ritufferò nella tempesta. Quando la Guardia Costiera mi rag­giungerà, voi starete già viaggiando su autostrade d'oro diretti alla città di diamanti... Ora dica a tutti gli altri di raccogliere le loro cose. Ma solo quelle più importanti. Il denaro, le fotografie. Lasciate tutto il resto. Dovrete raggiungere la riva il più in fretta possibile. Rimarre­te qui sotto finché lo Spettro o io non vi daremo il segnale."

Il capitano Sen imboccò velocemente la scala ripida diretto al Me di comando. Mentre saliva, pronunciò una breve preghiera per loprawivenza di quelle persone a Tian Hou, la dea dei marinai,
udì schivò una parete di acqua grigia che si abbattè su un fianco della nave.
Sul ponte di comando trovò lo Spettro chino sopra il radar, lo io fisso sulla sua luce fioca. L'uomo era completamente immo-I nonostante il mare in tempesta.

Alcune teste di serpente si vestivano come ricchi gangster cantoI usciti da un film di John Woo, ma lo Spettro preferiva indossare tenuta comune a quasi tutti gli uomini cinesi: semplici pantaloni e Mmiciu con le maniche corte. Era muscoloso ma minuto, ben rasato e •VtVt i capelli più lunghi di quelli di un tipico uomo d'affari ma non UUV* né gel né lacca.

"Ci intercetteranno nel giro di quindici minuti", disse la testa di serpente. Persino ora, di fronte alla prospettiva dell'arresto, sembrava imperturbabile e letargico come un bigliettaio della stazione degli au­tobus di un remoto villaggio rurale.

"Quindici minuti?" ripetè il capitano. "Impossibile. A quanti no­di stanno procedendo?"

Sen si avvicinò al tavolo coperto da carte nautiche, il fulcro vero e proprio di tutte le navi che attraversano gli oceani. Sul ripiano c'era una mappa di quel tratto di mare dell'Agenzia Cartografica del Ministero del­la Difesa americano. H capitano poteva basarsi solo su quella carta e sul radar per stabilire le posizioni relative delle due imbarcazioni; e questo perché, a causa del rischio di essere rintracciati, il sistema di posiziona­mento globale, il radiofaro EPffiB e il Sistema Globale di Sicurezza Ma­rittima del Dragone erano scollegati.

"Penso che ci vorranno almeno quaranta minuti. " "No, ho controllato la distanza che hanno coperto da quando ci hanno individuati. "

II capitano Sen lanciò un'occhiata al membro dell'equipaggio che stava pilotando il Dragone di Fuzhou, madido di sudore mentre strin­geva con tutte le sue forze il timone nel disperato tentativo di mante­nerlo allineato con lo scafo della nave. I motori stavano andando a tut­ta forza. Se i calcoli dello Spettro erano esatti, sarebbero stati inter­cettati prima che potessero raggiungere l'insenatura. Nel migliore dei casi sarebbero arrivati a mezzo miglio dalla riva sassosa — abbastanza vicini da calare le scialuppe ma non abbastanza da proteggerle dalla tremenda violenza dei flutti.

Lo Spettro chiese al capitano: "Che genere di armi avranno?" "Non lo sa?"

"Non sono mai stato intercettato prima", rispose lo Spettro. "Mi dica."

Sen era stato al comando di due navi fermate dalla Guardia Co­stiera in passato - fortunatamente in entrambi i casi i carichi erano sta­ti perfettamente legali, tuttavia quegli incontri erano stati davvero traumatici. Una quindicina di uomini della Guardia Costiera avevano invaso la nave mentre un altro agente sul ponte della lancia aveva te­nuto sotto tiro lui e l'equipaggio con un fucile mitragliatore. Per non parlare del piccolo cannone puntato su di loro.
Il capitano spiegò allo Spettro che cosa avrebbero potuto aspettarsi. Lo Spettro annuì. "Dobbiamo riflettere sulle nostre opzioni." "Quali opzioni?" domandò Sen. "Non starà pensando di opporre resistenza, vero? No. Non lo permetterò."

La testa di serpente non rispose e rimase a fissare lo schermo del radar.

L'uomo sembrava tranquillo ma, pensò Sen, doveva essere fu­rioso. Nessuna delle teste di serpente con cui aveva lavorato aveva mai preso così tante precauzioni per evitare la cattura. I trenta clan­destini si erano radunati in un magazzino abbandonato della peri­feria di Fuzhou e avevano atteso lì per due giorni sotto lo sguardo vigile di un socio dello Spettro - una "piccola testa di serpente". Poi l'uomo aveva fatto salire i cinesi su un Tupolev 154 preso a noleggio che li aveva portati a una base aerea abbandonata nei pressi di San Pietroburgo, in Russia. Lì, i clandestini erano saliti su un container trasportato per 120 chilometri fino alla città di Vyborg e caricato sul Dragone di Fuzhou che Sen aveva fatto attraccare nel porto russo proprio il giorno prima. Il capitano aveva compilato meticolosa­mente i documenti e le scartoffie della dogana - tutto con estrema, precisione in modo da non far sorgere il benché minimo sospetto.

Non c'era niente in quel viaggio che potesse aver insospettito le autorità americane. "Ma come ha fatto la Guardia Costiera?" chiede il capitano.

"A fare cosa?" rispose lo Spettro in tono assente. *A scoprirci. Nessuno poteva farcela, è impossibile." Lo Spettro raddrizzò le spalle e prima di uscire dal ponte di comando si voltò e disse:

"Chi può saperlo? Magari è stata una magia".

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