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Il miracolo di Berna

Il miracolo di Berna (Das Wunder von Bern) è un film di Sönke Wortmann del 2003.

Di questa Germania interdetta, disincantata, spiazzata dall’enormità degli eventi, eppure non svuotata, e anzi intimamente così forte, così solida d’animo da rimboccarsi le maniche senza piangersi addosso né chiedere pietà, fino a ricostruirsi una verginità; di questa Germania, dicevo, il film fornisce un affresco scarno, popolaresco, efficace. 
 
Un affresco neorealista, si potrebbe dire, perché tutto ciò lo racconta attraverso le vicende di gente semplice, di una famiglia come tante, la famiglia Lubanski, di una donna con tre figli che, col marito partito per la guerra in Russia e finito chissà come, si è vista costretta a ridisegnare la propria esistenza per mantenere i suoi cari, e lo ha fatto con dignità e successo, aprendo un piccolo bar diventato via via imprescindibile luogo di ritrovo per tanta gente della cittadina (Essen).

Se la società tedesca e le vicende della famiglia Lubanski vengono rese efficacemente da una sceneggiatura e da una regia di grande impatto realistico, anche grazie a una narrazione per immagini che ricostruisce in maniera suggestiva la quotidianità dei tempi, con un’attenzione maniacale ai particolari, dall’abbigliamento all’arredamento, anche la rappresentazione del mondo del calcio e della Nazionale tedesca appare particolarmente riuscita.

Anzi, si può dire che questo sia uno dei migliori film di calcio realizzati, alla pari del pur diverso “Fuga per la vittoria”, anche quello legato alle vicende della seconda guerra mondiale. Il football nel mondo della celluloide non ha mai avuto grande fortuna, a parte l’esempio citato o, agli antipodi, pellicole comiche come il nostro “L’allenatore nel pallone”. Perché? Forse perché il calcio è un qualcosa che regala grandissime emozioni solo quando è “vero”, mentre ricostruito “in vitro”, recitato, trasmette solo freddezza e prevedibilità.

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Trama.

Vista dagli occhi di Matthias, un bambino che incontra il suo idolo, il calciatore della nazionale tedesca Helmut Rahn, si ripercorre la vittoria della Germania Ovest ai mondiali del 1954 contro l'Ungheria nella finale disputata a Berna il 4 luglio 1954.
 
Matthias, figlio di un reduce, ex prigioniero di guerra, vive una realtà familiare e sociale difficile nella Germania della ricostruzione. Il rapporto con il padre, che dopo 12 anni di prigionia fatica a riadattarsi alla vita civile, è improntato ad un rigore che egli fatica sempre di più a sopportare, fino al punto di tentare di scappare di casa, trovando l'unica gioia nella passione per il calcio, cimentandosi in partitelle quotidiane con gli amici.
 
L'inizio dei campionati mondiali coincide con la ripresa del rapporto col genitore ed i due, il giorno della finale, partono alla volta di Berna per seguire l'incontro ma, a causa di un guasto alla macchina, ritardano l'arrivo e Matthias riesce ad entrare nello stadio solo a pochi minuti dalla fine della partita ma in tempo per vedere il gol della vittoria, segnato dal suo idolo che incontrerà in treno durante il viaggio di ritorno.
 
Interpreti e personaggi.

Louis Klamroth: Matthias Lubanski
Peter Lohmeyer: Richard Lubanski
Johanna Gastdorf: Christa Lubanski
Mirko Lang: Bruno Lubanski
Birthe Wolter: Ingrid Lubanski
Katharina Wackernagel: Annette Ackermann
Lucas Gregorowicz: Paul Ackermann
Sascha Göpel: Helmut Rahn

Doppiatori italiani.
Gemma Donati: Ingrid Lubanski
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