La potenza delle storie lovecraftiane risiede quasi esclusivamente nella sua enorme capacità di controllare “la scrittura”.
La potenza delle storie lovecraftiane risiede quasi esclusivamente nella sua enorme capacità di controllare “la scrittura”. Non c’è quasi nulla di più anti-cinematografico di Lovecraft, e poco di così altamente letterario. Se si decide quindi di trasportarlo su schermo (film o documentario) bisogna essere molto consapevoli di questo. E ragionare non nella direzione di una classica trasposizione, ma di una riscrittura vera e propria, di una traslazione da un linguaggio all’altro.
Tra Lovecraft è la sua trasportabilità cinematografica secondo me c’è lo stesso rapporto che c’è tra la realtà e la letteratura di genere. Il noir, il poliziesco, l’horror, la fantascienza, il western… quando sono di alto livello (ovviamente non mi riferisco all’enorme quantità di paccottiglia) sono strumenti letterari e cinematografici molto più utili di quelli tradizionali per scavare nelle dinamiche della società. Sono grimaldelli nei quali la narrazione non realistica è il piano di una metafora dalle straordinarie potenzialità di analisi del reale. Molto di più di quanto può fare la letteratura tradizionale.
Che infatti, almeno in Italia, non fa. Carlotto, Evangelisti, Lucarelli, Macchiavelli, per rimanere dalle nostre parti (per non parlare quindi di Manchette e altri), raccontano la nostra società molto meglio di altri. Eymerich, o Eddi Florio, sono esistiti, ma quella che racconta Evangelisti non è la loro biografia esatta. E’ grazie a questa infedeltà però che il Trecento e gli Anni Trenta sono descritti come raramente accade.
Così: forzare la verosimiglianza biografica rispetto a Lovecraft è un grimaldello per ricostruire le sue atmosfere, le dinamiche dei suoi racconti, la sua visione di un mondo dove quello che vedi non è detto che abbia colpito veramente la retina dei tuoi occhi. Sempre, bada bene, che il manoscritto risulti veramente un falso. Nel nostro caso dunque abbiamo deciso di sfruttare l'evento fortuito del diario e di impostare un approccio diverso: non importa, in fondo, se il manoscritto sia vero o meno: importa se il documentario è guardabile, se ti fa entrare nel mondo di HPL. Se fa parlare di lui. Dunque vedi che, se sia o meno plausibile – biograficamente parlando – che Lovecraft sia venuto in Italia, è secondario.
Quello che ci interessa, o che ci dovrebbe interessare, è chi era come artista, e in questo crediamo di essere riusciti a offrire un punto di vista interessante. Ma soprattutto, e questo è quello che cerco di fare ogni volta che affronto un autore per immagini, un documentario serve a far incuriosire, a portare più gente possibile verso l'autore e a far sì che venga letto, che venga conosciuto.
Basti da solo il fatto, fra tanti, che del Nostro se ne è occupato Aldo Grasso sul Corriere della Sera, in una rubrica di solito riservata al Grande Fratello o a Mara Venier. O che ne ha scritto il Radio Corriere Tv (con i soliti nudi in copertina), e numerosi quotidiani veneti, sui quali il nome Lovecraft secondo me non appariva da vent'anni, se mai è apparso.
fonte: World Images