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Innocente

 
Primo romanzo di Grisham basato su una vicenda realmente accaduta.

I lettori più affezionati noteranno subito le differenze nello stile e nell'esposizione dei fatti e non potranno esimersi dal trarre le loro conclusioni.

Il libro è ben scritto, ordinato e preciso, e percorre la terribile avventura capitata a Ron Williamson e Dennis F. ingiustamente incolpati di omicidio.

Grisham si sofferma a lungo sul passato dei due sfortunati giovani, e in particolar modo sulla vita di Ron, astro del baseball tramontato ancor prima di incominciare veramente a brillare.

Nel corso del Romanzo si incontrano anche personaggi minori, anch'essi vittime dell'arrogante sistema americano e delle persone incompetenti che spesso ne minano la presunta infallibilità.

La storia è commovente e tragica, ma lo stile giornalistico con cui viene presentata non lascia spazio a troppa retorica o a note romanzesche.

L'abilità di Grisham è notevole, perchè con questa sua ultima fatica dimostra di essere in grado di colpire e coinvolgere anche senza usare la sua talentuosa fantasia.

Un libro che si legge agilmente, che provoca indignazione e sconcerto, un libro-trattato di pregevole fattura.

Un nuovo Grisham.

Nota dell'autore:

Mentre sfogliavo il "New York Times" due giorni dopo i fune­rali di Ron Williamson, rni cadde l'occhio su un articolo dedi­cato alla sua vicenda. Mi colpì il titolo: Muore a 51 anni Ronald Williamson, ingiustamente condannato a morte, e lo lessi. Era di Jim Dwyer e mostrava una foto di Ron in aula il giorno del
proscioglimento, con l'espressione a metà fra l'incredulo e il sollevato.

Non avevo mai sentito parlare né di lui né di Dennis Fritz.

Rilessi l'articolo una seconda volta. Neppure al massimo del­la mia creatività sarei riuscito a concepire una storia così com­plessa e articolata come quella realmente vissuta da Ron. E non sapevo ancora tutto! Contattai le sorelle di Ron, Annette e Re-nee, e decisi di scrivere un libro sulla vicenda.

Non avevo mai preso seriamente in considerazione l'idea di scrivere non fiction - mi diverto troppo a costruire romanzi -e non sapevo a che cosa sarei andato incontro. Per condurre le ricerche e scrivere il libro ho impiegato diciotto mesi. Sono an­dato a Ada diverse volte - nel palazzo di giustizia, nel carcere e in diversi locali -, ho visitato la vecchia e la nuova sede del braccio della morte del McAlester, sono stato due ore a parlare di baseball con Muri Bowen ad Asher, mi sono recato negli uf­fici di Innocence Project a New York, ho pranzato con il giu­dice Frank Seay in un ristorante di Seminoie, ho fatto il giro dello Yankee Stadium, ho incontrato Tommy Ward nel carcere di Lexington e a Norman, dove facevo base, ho discusso per ore con Mark Barrett. Ho incontrato anche Dennis Fritz a Kan-sas City, Annette e Renee a Tulsa e, quando sono riuscito convincere Greg Wilhoit a raggiungermi in Oklahoma dalla California, mi sono fatto accompagnare da lui al Big Mac, do­ve Greg ha rivisto la sua vecchia cella per la prima volta dopo quindici anni.

A ogni incontro la storia prendeva una piega diversa. Avrei potuto scrivere un libro di cinquemila pagine.

Questa avventura mi ha fatto scoprire il mondo degli errori giudìziari, cui non avevo mai prestato troppa attenzione, nep­pure quando facevo l'avvocato. Vicende di questo genere non sono prerogativa dell'Oklahoma, tutt'altro. Ne avvengono ogni mese in tutti gli Stati del Nordamerica, per motivi sem­pre diversi e al tempo stesso sempre uguali: indagini appros­simative, analisi che hanno poco di scientifico, identificazioni fallaci, difensori incapaci e pubblici ministeri troppo pigri o troppo arroganti.

Nelle grandi città, i tecnici forensi sono oberati di lavoro e per sveltire le procedure a volte diventano approssimativi; nel­le città più piccole, i poliziotti spesso mancano di adeguata for­mazione e supervisione. Omicidi e stupri sono scioccanti, la gente vuole che la polizia trovi il colpevole prima possibile. Si da per scontato che il sistema funzioni con professionalità e ri­gore. Quando così non è, accadono episodi come quelli di Ron Williamson e Dennis Fritz.

O di Tommy Ward e Karl Fontenot, cui la pena di morte è stata commutata in carcere a vita. Tommy un giorno potrebbe ottenere la condizionale, Karl no, per un problema procedura­le. Il dna non può scagionarli perché non esiste materiale bio­logico. Non si scoprirà mai chi ha ucciso Denice Haraway. O perlomeno la polizia non lo scoprirà mai. Se volete saperne di più, consultate www.wardandfontenot.com.

Mentre svolgevo le mie ricerche, ho scoperto altri due casi legati a Ada. Nel 1983 un certo Calvin Lee Scott fu processato per stupro nel tribunale della contea di Pontotoc. La vittima era una giovane vedova, aggredita nel sonno in casa propria, che non aveva visto in faccia l'uomo perché questi le aveva messo un cuscino sulla faccia. Un perito dell'OSBi dichiarò che due peli ritrovati sul corpo della vittima risultavano "compatibili" con quelli di Calvin Lee Scott, che pure si proclamava innocente. La giuria lo condannò a venticinque anni di detenzione. Uscì dopo venti. Quando nel 2003 il test del dna attestò la sua innocenza, aveva già scontato la pena.

A condurre le indagini era stato Dennis Smith, a perseguire il caso Bill Peterson.

Nel 2001, l'ex vicecapo della polizia Dennis Corvin si di­chiarò colpevole di traffico di sostanze stupefacenti e venne condannato a sei anni di reclusione. Corvin, come ricorderete, era il poliziotto che Glen Gore disse essere suo fornitore di metamfetamina.




Ada è una bella città. Quando si deciderà a togliere di mez­zo le mele marce?

Quando si stancherà di pagare per i loro errori, forse. Negli ultimi due anni, le imposte catastali sono aumentate ben due volte, per rimpinguare le riserve prosciugate dai risarcimenti versati a Ron e Dennis. È scandaloso che anche i Carter, es­sendo proprietari di immobili, abbiano dovuto tirar fuori quei quattrini.

È impossibile calcolare i costi di simili errori. L'Oklahoma spende circa 50.000 dollari l'anno per ogni detenuto. Senza contare le spese aggiuntive relative al braccio della morte e alle cure psichiatriche: solo per Ron ne ha spesi 600.000. E lo stesso per Dennis. Aggiungiamo le somme ottenute dai due a titolo di risarcimento e i conti sono presto fatti. L'errore giudiziario, nel loro caso, è costato diversi milioni di dollari.

Naturalmente, questa cifra non comprende le migliaia d i ore degli avvocati d'ufficio che hanno lavorato con tanta dili­genza per rimediarvi, né quelle degli addetti della procura che cercavano invece di confermarlo. A pagare, come sempre, sono stati i contribuenti.

Eppure si giocò al risparmio, riconoscendo a Barney Ward il misero compenso di 3600 dollari per la difesa di Ron e negan­dogli la perizia di parte, eccessivamente costosa. Anche Greg Saunders ricevette 3600 dollari per difendere Dennis e anche a lui venne negata la perizia per mancanza di fondi.

Se i danni economici sono irritanti, quelli dal punto di vista umano sono a dir poco scandalosi. Com'è ovvio, il fatto di essere condannato ingiustamente pesò moltissimo sulla malat­tia mentale di Ron, che non si riprese più, neppure dopo che venne rilasciato. Succede quasi sempre. Dennis Fritz è stato fortunato: ha avuto il coraggio, l'intelligenza e alla fine anche i soldi per potersi rifare una vita. A Kansas City conduce un'esi­stenza tranquilla e agiata e l'anno scorso è diventato nonno.

Bill Peterson lavora tuttora alla procura di Ada, insieme a Nancy Shew e Chris Ross. Anche Gary Rogers continua a fare l'ispettore. Dennis Smith è andato in pensione nel 1987 ed è morto improvvisamente il 30 giugno 2006. Barney Ward è de­ceduto nell'estate del 2005, mentre io scrivevo il libro, e non ho avuto la possibilità di intervistarlo. Il giudice Ron Jones ha smesso di fare il giudice nel 1990 e si è trasferito.

Glen Gore è nella H Unit del McAlester. Nel luglio del 2005 la Corte d'appello dell'Oklahoma gli ha dato ragione e ha or­dinato un nuovo processo. Il motivo è che Gore non ricevette un giusto processo in quanto il giudice Landrith non concesse al suo difensore di ammettere come prova il fatto che altri due uomini erano stati condannati per lo stesso reato.


Il 21 giugno 2006 Gore è stato condannato nuovamente. La giuria non è riuscita a pervenire a un accordo sulla pena di morte e, come prescrive la legge, il giudice Landrith l'ha con­dannato all'ergastolo senza possibilità di condizionale.

Sono molte le persone che mi hanno aiutato a scrivere que­sto libro e che desidero ringraziare. Annette, Renee e i loro fa­miliari mi hanno dato libero accesso a ogni aspetto della vita di Ron. Mark Barrett mi ha dedicato moltissimo tempo, ac­compagnandomi in giro per l'Oklahoma, raccontandomi sto­rie che all'inizio facevo fatica a credere, aiutandomi a contat­tare testimoni e a trovare vecchi atti e documenti. La sua assistente, Melissa Harris, mi ha fotocopiato migliaia di docu­menti, conservandomeli in perfetto ordine.

Dennis Fritz ha ripercorso la sua dolorosa storia con note­vole entusiasmo e ha risposto a ogni mia domanda. Lo stesso ha fatto Greg Wilhoit.

Brenda Tollett dell'«Ada Evening News» ha frugato negli archivi tirandone miracolosamente fuori tutti gli articoli rela­tivi alla vicenda Carter e Haraway. Ann Kelley Weaver, che adesso lavora per «The Oklahoman», ricordava molti dei ser­vizi pubblicati sul proscioglimento.

Sulle prime il giudice Frank Seay è stato riluttante a parlare del suo lavoro. Come i giudici di una volta, ritiene che il pro­prio ruolo imponga di stare lontani dalle luci della ribalta. Al­la fine, però, ha acconsentito a parlarmi. Nel corso di una telefonata, l'ho chiamato "eroe" e lui ha respinto la mia defi­nizione quasi come se fosse stata un'obiezione a un processo. Vicky Hildebrand lavora ancora con lui e ricorda benissimo l'emozione che provò nel leggere la petizione di Habeas Cor­pus di Ron.
Jim Payne è diventato giudice federale e, pur essendo molto collaborativo, ha manifestato scarso interesse a prendersi il merito del rinvio dell'esecuzione di Ron. Tuttavia, è stato an­che lui un "eroe": la sua attenta lettura della memoria di Janet Chelsey a casa, fuori dell'orario lavorativo, gli suscitò abbastan­za preoccupazione da fargli raccomandare al giudice Seay un rinvio in extremis.

Pur essendo entrato in scena solo all'ultimo, il giudice Tom Landrith ebbe l'enorme soddisfazione di presiedere l'udienza in cui Ron e Dennis furono prosciolti, nell'aprile del 1999. In­contrarlo nel palazzo di giustizia di Ada è stato sempre un piacere, per me, oltre che fonte di informazioni preziose.

Barry Scheck e gli altri dell'Innocence Project sono stati di­sponibili e gentilissimi. Hanno fatto prosciogliere già centottan-ta persone grazie al test del dna e hanno ispirato altri movi­menti per la liberazione degli innocenti in tutto il paese. Se volete saperne di più, visitate il sito www.innocenceproject.org. Tommy Ward ha passato tre anni e nove mesi nel braccio della morte, la vecchia F Cellhouse, prima di venire esiliato per sempre nel carcere di Lexington. Ci siamo scritti molte let­tere. Mi ha raccontato anche cose di Ron, consentendomi di ri­portarle nel mio libro.

Per riferire la sua vicenda da incubo, mi sono rifatto a The Dreams of Ada di Robert Mayer. È un libro affascinante, che prova quanto può essere importante scrivere di fatti realmen­te avvenuti. Mayer mi ha aiutato molto nelle mie ricerche.

Mi sono avvalso di volumi e volumi di testimonianze giura­te rese dalla maggior parte dei personaggi coinvolti nella vi­cenda. Alcune interviste non sarebbero neppure state necessa-rie. Alcune non sono state concesse. Le uniche cose che ho cambiato sono i nomi delle presunte vittime di stupro.
John Grisham

 
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