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Tutto è fatidico

Tutto è fatidico è una raccolta di 14 storie del terrore scritte da Stephen King e pubblicate nel 2002.


Racconti contenuti

    * Autopsia 4
    * L'uomo vestito di nero
    * Tutto ciò che ami ti sarà portato via
    * La morte di Jack Hamilton
    * La camera della morte
    * Le piccole sorelle di Eluria
    * Tutto è fatidico
    * La teoria degli animali di L.T.
    * Il Virus della Strada va a nord
    * Pranzo al "Gotham Cafe"
    * Quella sensazione che puoi dire soltanto in francese
    * 1408
    * Riding the Bullet - Passaggio per il nulla
    * La moneta portafortuna

Le storie Tutto è fatidico e Le piccole sorelle di Eluria fanno parte della serie La Torre Nera.

Ordine dei racconti

Nell'introduzione del libro, King descrive lo strano metodo usato per ordinare le storie:
    « Quello che ho fatto è prendere tutte le picche da un mazzo di carte più il jolly. Dall'asso al re valgono da 1 a 13, il jolly è il 14. Ho mischiato le carte e le ho distribuite. L'ordine con cui sono uscite dal mazzo è diventato l'ordine delle storie. Ne è uscito un bilanciamento perfetto tra storie letterali ed orrore puro. Ho anche aggiunto una nota descrittiva prima o dopo ogni storia, a seconda di quello che credevo essere la miglior posizione. La prossima raccolta verrà ordinata con i tarocchi. »

Trame

Autopsia 4

Howard Cottrell si risveglia da una qualche forma di incoscienza per scoprirsi legato ad un letto in una sala da autopsia. Mentre il medico si prepara ad iniziare, Howard lotta per cercare di uscire da quella situazione.

Dopo aver capito che non è morto, capisce di essere paralizzato, e cerca di far capire la situazione al dottore prima che questi inizi a tagliarlo.

Mentre prepara il corpo di Cottrell, il dottore di turno, Katie Arlen, nota delle ferite nella zona pubica. Mentre le osserva sbadatamente, un altro dottore arriva di corsa per informarla che Howard è ancora vivo. Katie guarda in basso - e vede sé stessa tenere il mano il suo pene rigido.

In una nota comica, Howard spiega che è stato forse morso da un serpente molto raro, che ha causato la paralisi simile alla morte. Un altro dei dottori trova il serpente nella sua sacca da golf e viene morso subito. Probabilmente verrà ricoverato. Howard aggiunge che lui e Katie si frequentano per un po', ma si lasciano per un problema in camera da letto: lui è impotente a meno che lei indossi i suoi guanti in lattice.


L'uomo vestito di nero

La storia, ambientata nel 1914, parla di Gary, un contadino di nove anni, il cui fratello è morto da non molto tempo. Un giorno Gary va a pesca. Dopo essersi addormentato si risveglia trovando uno strano uomo vestito di nero davanti a lui. I suoi occhi sono completamente arancioni e puzza di cerini bruciati. L'uomo racconta a Gary cose terribili; che la madre è morta mentre lui era fuori, che il padre lo vuole rapire, che l'uomo intende mangiarlo. Gary all'inizio non ci crede, ma ben presto scopre che l'uomo è il diavolo in persona, e tenta di fuggire. Le cose dette dall'uomo erano false, ma Gary resterà ossessionato da quell'incidente per il resto della vita.

Tutto ciò che ami ti sarà portato via

Un commesso viaggiatore arriva ad un Motel in Nebraska per suicidarsi perché "non può continuare a vivere come sta facendo". Ha una moglie, una figlia, ed un hobby: collezionare i graffiti che ha trovato durante i molteplici viaggi. Iniziò annotando gli scarabocchi sui muri che attiravano la sua attenzione senza ragione. Nella sua vita solitaria con, come unici compagni, miglia e miglia di strade vuote, quelle "voci nei bagni" diventarono i suoi amici; qualcosa cui pensare durante le lunghe guide, qualcosa di prezioso ed importante, qualcosa che gli parli. Quest'uomo decide che "un colpo in bocca è più semplice di qualsiasi cambiamento di vita", ma al lettore è lasciato il dubbio se eseguirà il suo piano perché sembra dipendere dal fatto che la sua raccolta andrebbe persa. La storia si chiude con l'uomo in piedi vicino al prato esterno del motel, pronto a lanciare il libro, ma tenendolo stretto, come tiene stretta la sua vita.

La morte di Jack Hamilton

Scritto in prima persona, il narratore, un membro della gang di John Dilinger che rapinò la banca, Homer Van Meter, racconta della lenta, dolorosa morte del compagno Jack Hamilton. Van Meter inizia descrivendo la morte di Dilinger all'esterno del teatro per mano di un uomo di Melvin Purvis (cui si fa continuo riferimento come il nemico), così come accennando alla teoria secondo la quale il morto non fosse veramente Dilinger. Van Meter smentisce queste teorie, dicendo che il tutto è nato durante la sua testimonianza riguarda la morte di Jack Hamilton. Dopo essere fuggito da una sparatoria al Little Bohemia Lodge in Wisconsin, Hamilton fu colpito ad un polmone da un poliziotto che li inseguiva durante la fuga, il che gli causò una cancrena. Hamilton rifiutò di farsi curare da Joseph Moran; Van Meter e Dillinger lo portano a casa di Volney Davis e della sua ragazza Rabbits, due membri della gang, così come Arthur, il figlio di Ma. Il narratore non fornisce dettagli, perché l'uomo perde la ragione prima della agonizzante ma pietosa morte.


La camera della morte

Fletcher, ex-reporter del New York Times, viene catturato dai membri di un governo sudamericano. La storia inizia quando viene portato nella "stanza della morte" dove capisce che i suoi rapitori, dopo averlo interrogato circa una sommossa comunista che sta appoggiando, non lo lasceranno uscire vivo dalla stanza, nonostante le loro promesse.

Durante l'interrogatorio, Fletcher tenta di rimanere calmo, e studia un piano disperato per salvarsi la vita che, con stupore, vede riuscire. Dopo aver ucciso i tre aguzzini, fugge dalla sala.

Le piccole sorelle di Eluria

La storia narra di Roland di Gilead, la cui ricerca della Torre Nera è all'inizio; questi eventi precedono quelli descritti nella serie La Torre Nera, ma avvengono dopo le avventure di Roland a Mejis, descritte in La sfera del buio. Al tempo del racconto è accompagnato da un cavallo e sta già inseguendo l'uomo in nero. Sta decidendo se acquistare un nuovo cavallo, o un mulo; il che si ricollega all'inizio di L'ultimo cavaliere.

Roland ed il suo cavallo arrivano ad un villaggio nel deserto, Eluria, dove incontrano un cane che mostra una macchia a forma di croce nel pelo, mentre sta per mangiare un ragazzo morto. Roland lo allontana e, mentre guarda il corpo, trova un medaglione a forma di croce. Lo raccoglie e viene immediatamente attaccato ed immobilizzato da un gruppo di mutanti, risvegliandosi in un ospedale percorso da uno strano gruppo di suore. Si chiamano "Le piccole sorelle", usano piccole creature simili a scarafaggi chiamate "dottori" per curare i malati gravi. All'inizio sembrano gentili, ma Roland scopre pian piano che sono in realtà vampiri; tengono in vita i malati solo per poter avere sempre sangue a disposizione.

Il medaglione che Roland ha preso al ragazzo in città sembra essere una sorta di sacra protezione contro di loro. Nota un altro paziente vicino a lui con un medaglione simile, il fratello del morto. Le ferite di Roland si rimarginano, ma è troppo debole per fuggire a causa di alcune pozioni. Una delle sorelle, Sorella Jenna, rivela a Roland che si è unita involontariamente alle altre, e spera di uscire dal gruppo. Inizia a somministrare a Roland un'erba che contrasti con il potere debilitante della pozione, e riesce a fargli recuperare le forze finché sono pronti per evadere. Le altre sorelle scoprono i loro piani ed ingaggiano un mutante per levare il medaglione dal collo di Roland in modo da poterlo uccidere. Il mutante ruba il medaglione al paziente vicino squarciandogli la gola. La vista del sangue scatena nelle suore una fame inarrestabile, dando a Jenna e Roland l'opportunità di scappare. Le altre sorelle tentano di opporsi ma Jenna dimostra abilità nel comandare i dottori, che offrono un diversivo. La leader, Gran Sorella Mary, riesce a prevalere ma viene attaccata ed uccisa dallo stesso cane che Roland aveva incontrato in paese. Roland e Sorella Jenna si dichiarano amore, ma Jenna si trasforma in quello che potrebbe essere il suo stato naturale, un "dottore", mentre Roland sta dormendo.


Tutto è fatidico

La storia è raccontata in prima persona da un diciannovenne che ha abbandonato gli studi, Dinky Earnshaw. Dinky spiega che ha trovato un nuovo lavoro. Era un impiegato al "Super Saver", un supermercato, dove lavorava con alcuni deficienti ed era oppresso da un bullo di nome Skipper. Ma ora Skipper è morto e Dinky ha un nuovo lavoro, dove i vantaggi principali sono che ha una casa ed una macchina proprie e qualsiasi cosa desideri, incluso CD non ancora usciti. Riceve anche un po' di soldi ogni settimana, forniti da qualcuno che li recapita nella sua buca delle lettere. Deve ricordarsi di distruggerli o buttarli alla fine della settimana. Nel suo solito modo terra-terra, King racconta i dettagli di questa situazione prima che venga posta la fatidica domanda: cos'è esattamente il lavoro, ed in che modo coinvolge un impiegato morto del supermarket?

Dinky Earnshaw apparirà in seguito nella serie La Torre Nera.

La teoria degli animali di L.T.

La storia è raccontata da un operaio che riporta una racconto fatto da L.T., un collega che rievoca i problemi del proprio matrimonio, attribuiti agli animali domestici acquistati da lui e dalla moglie. La moglie compra per L.T. un cane che lo odia da subito mentre si affeziona alla moglie. Contemporaneamente L.T. acquista un gatto per la moglie che si comporta nel modo opposto. La storia fornisce un interessante studio dei personaggi, fatto dal loquace L.T. e rivela uno strano giro di sangue.

Il Virus della Strada va a nord

La storia segue uno scrittore horror, Richard Kinnell, mentre guida verso casa nel Maine. Lungo la strada, incontra una svendita da giardino, dove nota e viene catturato da un bizzarro dipinto di un uomo che subisce un incidente da qualche parte. La tela, apparentemente intitolata Il Virus della Strada va a nord, fu dipinto da un genio incompreso che bruciò tutte le altre sue opere prima di suicidarsi, lasciando un nota in cui diceva che non poteva vivere sapendo cosa gli stava per succedere. Kinnell lo compra subito dalla donna che tiene la vendita.

Mentre viaggia verso nord, si ferma a casa di una zia per mostrarle l'opera... e vede che alcuni particolari nel disegno sono cambiati. All'inizio non ci fa caso pensando di averlo esaminato troppo velocemente, ma si accorge ben presto che è in continua metamorfosi. Disorientato da questo fatto, si libera della tela in un'area di sosta.

Arrivato a casa, scopre con orrore che il dipinto lo ha in qualche modo seguito, e pende dal suo muro. È cambiato di nuovo; ora mostra le conseguenze sanguinose nel giardino in cui ha acquistato il dipinto. Sente al notiziario che la donna è stata brutalmente uccisa. Capisce che l'uomo del disegno in qualche modo esiste, ed ogni volta che il disegno cambia lo mostra sempre più da vicino. Kinnel accende il camino, e vi butta il dipinto. Sperando di averlo distrutto per sempre, decide di farsi una doccia, dove sviene ed ha un incubo riguardo alle varie cose successe nella giornata.

Quando si risveglia, capisce che l'uomo del dipinto sta camminando in casa sua. Tenta di fuggire ma inciampa, ed il quadro lo cattura.

Pranzo al "Gotham Cafe"

Steve Coslaw, rientrando a casa, trova una lettera della moglie, Diane, che annuncia di voler divorziare. Si deprime, soprattutto perché la fuga di Diane lo sollecita a smettere di fumare, causandogli astinenza da nicotina. L'avvocato di Diane, William Humboldt, chiama Steve organizzando un incontro per pranzo al Gotham Café con i due coniugi. L'avvocato non si presenta all'appuntamento a causa di una crisi familiare.

Prima di entrare nel Café, Steve compra un ombrello. Appena entrato incontra il maître, Guy, che parla di un cane. Quando Steve tenta di riaccendere la fiamma con Diane, le cose crollano. Il maître si ripresenta, ubriaco fradicio, cantando "Eeeee!" (vedi la storia della morte del Re Rosso nella serie La Torre Nera) ed accoltellando Humboldt alla testa con un coltello. Steve lo colpisce con l'ombrello, ma Guy insegue lui e Diane in cucina e, dopo aver ucciso il cuoco, tenta di continuare l'opera. Diane crede di veder morire Steve, ma lui è ancora in grado di fermare Guy rovesciandogli addosso dell'acqua bollente e colpendolo con una padella.

Dopo la fuga finale dal Café e da Guy, Steve non riesce a riconquistare Diane, e lei se ne va. Mentre Steve si siede sul selciato guardando la ambulanze arrivare, pensa alla vita privata di Guy ed alla natura della sua follia.

Quella sensazione che puoi dire soltanto in francese

Bill e Carol Shelton stanno volando su un jet privato, diretti verso una vacanza su Captiva Island. Carol ha una serie di deja-vu di incidenti e persone che ben presto conoscerà. Ogni deja-vu mostra sempre più una qualche tragedia che coinvolge un uomo di nome Floyd. Alla fine della storia, Floyd viene mostrato e l'orrore dei deja-vu è lontano solo pochi secondi.

1408

Mike Enslin è uno scrittore che pubblica lavori basati su posti infestati da fantasmi. Ha scritto tre best sellers nella serie - "Dieci notti in dieci case infestate", "Dieci notti in dieci cimiteri infestati" e "Dieci notti in dieci castelli infestati". Arriva all'hotel Dolphin sulla 66ma strada di New York durante la stesura del prossimo libro, "Dieci notti di dieci camere d'hotel infestate". Il cocciuto Enslin deve lottare con il direttore dell'hotel, Mr.Olin, per poter avere accesso alla famigerata camera 1408, visto che Mr.Olin ha molti dubbi riguardo al permettere a chiunque (soprattutto a gente scettica come Enslin) di utilizzarla. Enslin minaccia di utilizzare il proprio avvocato pur di averne accesso, ed alla fine ne esce vincitore.

Secondo il volere di Olin, la stanza 1408 non è stata affittata per oltre venti anni. È ancora arredata con i vecchi mobili, in contrasto con lo stile moderno del resto dell'hotel visto che, come dice il proprietario, "sono sicuro che nessun dispositivo funzioni. Gli orologi digitali non si muovono, stessa cosa per calcolatrici o telefonini".

Durante lo spostamento dall'ufficio di Olin all'ascensore, Olin racconta la storia più recente della stanza - il perché è stata eliminata dalle stanze disponibili nell'albergo; perché usa solo gemelli o coppie di parenti stretti per pulire la stanza; ed elenca i numerosi morti nella stanza: 12 suicidi e 30 morti naturali nell'arco di 68 anni. Enslin è scioccato ma scettico, ed è determinato a continuare la ricerca.

I problemi iniziano prima ancora di aprire la stanza; crede che la porta sia storta. Controlla ancora ma ora sembra dritta; ricontrolla ed è di nuovo storta, ma a destra.

Appena entra esamina la stanza, dettando tutto al registratore portatile, i pensieri cominciano a diventare offuscati. Passaggi descrittivi della storia raccontano l'esperienza di Enslin, simile ad un'allucinazione (il menu della colazione cambia lingua e diventa l'immagine di un ragazzo mangiato da un lupo, immagine che appare e si trasforma sul muro, i piedi affondano nel tappeto come nel fango). Terrorizzato, Enslin tenta di uscire dalla stanza ma la porta non si apre. Prova a chiamare la reception ma sente una voce forte, gracchiante che inizia a contare: " "Questo è il nono! Questo è il decimo! Dieci! Abbiamo ucciso i tuoi amici! Ogni amico è morto! Questo è il sesto! Sei!"

Enslin guarda con orrore la stanza che sembra sciogliersi davanti a lui e sente una presenza arrivare. Guidato dall'istinto, da fuoco alla sua maglietta con una scatola di cerini. In mezzo alle fiamme, esce dalla porta che ora è sbloccata. Per pura fortuna si salva mentre un altro ospite dell'hotel arriva con un secchio d'acqua; l'ospite spegne il fuoco e salva Enslin, nonostante continuerà a soffrire problemi di salute, paranoia ed incubi relativi alla sua esperienza nella 1408. Lascia la redditizia carriera (nonostante le proteste del suo agente) e si ritira in una casa sulla spiaggia, completamente isolato dalla società.

Da questo racconto è stato tratto il film "1408" diretto nel 2007 dal regista svedese Mikael Håfström, con John Cusack e Samuel L. Jackson.


Riding the Bullet - Passaggio per il nulla

La storia descrive Alan Parker, uno studente universitario che cerca la sua strada nella vita. Riceve una telefonata che lo informa dell'ictus che ha colpito la madre, notizia terribile visto che era la persona più vicina al suo cuore (il padre morì quando era piccolo e così si trovo da solo con sua madre contro il mondo). Senza una macchina, deve fare l'autostop fino all'ospedale per vederla.

All'inizio viene aiutato da un bizzarro anziano con una puzza che convince Alan a continuare a piedi. Questo lo porta nei pressi del cimitero, dove trova la lapide di un uomo di nome George Staub. Il fato fa in modo che il prossimo uomo ad aiutare Alan sia lo stesso George Staub.

Durante il viaggio, George ricorda ad Alan dell'otto volante che, da bambino, ha sempre temuto: il Proiettile a Laconia, New Hampshire. Dice ad Alan che deve fare la scelta più difficile della sua vita: George porterà Alan o sua madre con sé nell'aldilà e, prima di raggiungere l'ospedale, Alan dovrà decidere chi. In un momento di paura, Alan salva sé stesso e lascia che George prenda la madre.

George spinge Alan fuori dall'auto, all'esterno del cimitero da cui erano partiti. Tutto quello che gli resta di George è una spilla ("ho corso sul Proiettile al Thrill Village a Laconia" si legge), ma quando Alan raggiunge l'ospedale, la madre è ancora viva. Non morirà per molti anni a venire, ma quando alla fine lo farà, lui si sentirà ancora colpevole.

La moneta portafortuna

Darlene Pullen è una ragazza madre con due bambini (un'adolescente ribelle ed un figlio minore smidollato) ed uno schifoso lavoro da domestica. Dopo aver scoperto che la propria mancia è una sola "moneta portafortuna", la usa per un piccolo gioco d'azzardo e scopre che funziona un po'. Al casinò locale, tenta la fortuna col nichelino, vince e, nel giro di poco tempo, guadagna centinaia di dollari. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi ...

... smette di fantasticare e si ritrova nella solita camera d'albergo, con il mano la moneta. Quando i due ragazzi le fanno visita sul lavoro, permette al figlio di avere la moneta e, non appena inizia a giocare, vince come Darlene aveva immaginato.

Curiosità

Nel romanzo La casa del buio, quando Jack Sawyer torna nei Territori, incontra Sophie proprio nella tenda-ospedale de "Le Piccole Sorelle". Sophie informa Jack che si trova in questa specie di "ospedale ambulante" gestito da "Le Piccole Sorelle" che non sono poi altro che una specie di vampiri assetati di sangue. Questo lascerebbe intuire che I Territori conosciuti da "Jack Viaggiante" ne Il talismano e il suo seguito La casa del buio sono il mondo di Roland di Gilead descritto nella serie La Torre Nera se non fosse che Sophie dice anche che "l'ospedale è ambulante in questo e in altri mondi", riprendendo così il concetto dei mondi paralleli descritto proprio nella serie della La Torre Nera.

Edizioni

    * Stephen King, Tutto è fatidico, collana Narrativa, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 2002. pp. 535 ISBN 88-200-3419-0

fonte: wikipedia

Introduzione

 Praticare un'arte (quasi) perduta

Ho scritto più volte del piacere di scrivere e, dopo tanti anni, non vedo il motivo di proporvi una minestra riscaldata, ma ho una confessione da farvi: mi interesso anche all'aspetto com­merciale del mio lavoro, con quell'entusiasmo un po' esagera­to tipico dei dilettanti. Mi piace giocarci, tentare una sorta di impollinazione incrociata tra i media, andare oltre i limiti. Ho provato a scrivere romanzi-sceneggiature (La tempesta del se­colo, la miniserie TV Rose Red), romanzi a puntate (// Miglio Verde) e romanzi a puntate su Internet (The Plant). Non l'ho mai fatto per guadagnare di più e nemmeno con la precisa in­tenzione di creare nuovi mercati: ho sempre cercato di vede­re sotto prospettive diverse la pratica, l'arte e la tecnica della scrittura, rinnovandone il processo e rendendo così i risultati - le storie, in altre parole - il più possibile originali.
Nella riga sopra avevo iniziato a scrivere: «... rendendo co­sì [le storie] sempre nuove», ma poi ho cancellato la frase per onestà.

Suvvia, andiamo, signore e signori, chi posso prende­re in giro dopo tanti anni, se non forse me stesso? Ho venduto il mio primo racconto a ventun anni, prima ancora di finire il college. Adesso ne ho cinquantaquattro e ormai ho macinato una bella quantità di parole grazie al computer/word proces­sor da un chilo e qualcosa su cui appoggio il berretto dei Red Sox. È da molto tempo che per me la pratica della scrittura non è più una novità, ma non per questo ha perso il suo fascino. Eppure, se non trovassi il modo di renderla sempre fresca e interessante, diventerebbe stanca e ammuffita in un attimo. Non voglio che succeda, perché non voglio ingannare chi leg­ge quello che scrivo (e cioè te, caro Fedele Lettore), e nem­meno me stesso. Dopotutto qui siamo in due. Abbiamo un ap­puntamento. Dovremmo divertirci. Dovremmo ballare.

Tenendo a mente tutto questo, ecco un'altra storia. Allora, io e mia moglie abbiamo due stazioni radio: WZON-AM, un canale sportivo, e WKIT-FM, che propone rock classico («il rock di Bangor», diciamo noi). Quello radiofonico è un setto­re difficile di questi tempi, soprattutto in un mercato come Bangor, dove ci sono troppe stazioni e non abbastanza ascol­tatori. Si possono ascoltare il country contemporaneo, il country classico, i grandi successi del passato, i programmi di grossi personaggi. Le stazioni di Steve e Tabby King erano in rosso ormai da anni: non di molto, ma quanto bastava per in­fastidirmi. A me piace vincere, capite, e anche se avevamo successo negli ARB (gli indici d'ascolto Arbitron), alla fine dell'anno i conti non quadravano mai. Mi avevano spiegato che le entrate pubblicitarie sul mercato di Bangor erano insuf­ficienti, che la torta era stata divisa in troppe fette.

Così mi è venuta un'idea. Ho pensato di scrivere uno sce­neggiato radiofonico, come quelli che ascoltavo con mio non­no a Durham, nel Maine, mentre io crescevo (e lui invecchia­va). Uno sceneggiato per Halloween, buon Dio! Ovviamente conoscevo La guerra dei mondi, la famosa, o famigerata, tra­smissione proposta per Halloween da Orson Welles nel suo programma The Mercury Theatre. Con grande presunzione (una presunzione davvero geniale), Welles aveva trasformato il classico racconto di un'invasione scritto da H.G. Wells in una serie di notiziari e servizi radiofonici. E aveva funzionato. Aveva funzionato così bene da scatenare il panico in tutta l'A­merica e da costringere Welles (Orson, non H.G.) a scusarsi pubblicamente durante la puntata successiva. (Scommetto che l'aveva fatto con il sorriso sulle labbra.Io di certo avrei sor­riso, se fossi riuscito a creare una menzogna così forte e con­vincente.)

Credevo che quello che aveva funzionato per Orson Welles avrebbe funzionato anche per me. Invece di iniziare con musi­ca da ballo, come lo sceneggiato di Welles, il mio sarebbe in­cominciato con Ted Nugent che miagolava Cai Scratch Fever. Poi si inserisce un annunciatore, uno dei nostri «artisti dell'e­tere» (nessuno li chiama più deejay). «Vi parla J.J. West, per il notiziario di WKIT», dice. «Sono nel centro di Bangor, do­ve un migliaio di persone affollano Pickering Square con gli occhi fissi su un oggetto volante, un grande disco argenteo di­retto verso terra... Un momento, se sollevo il microfono forse I riuscite a sentirlo.»

E da lì sarebbe nato tutto il resto. Potevamo usare le nostre  apparecchiature per creare gli effetti sonori, scritturare attori dilettanti della zona per interpretare i vari ruoli, e sapete qual è la cosa più bella? La cosa più bella di tutte? Potevamo registrare lo sceneggiato e venderlo alle stazioni di tutti gli Stati  Uniti. I proventi, riflettevo (e il mio commercialista era d'accordo), sarebbero rientrati nella categoria «utile della stazione radiofonica» invece che «utile da diritti d'autore». Era un modo per compensare la mancanza di introiti pubblicitari, e forse alla fine dell'anno le due stazioni avrebbero chiuso in attivo!  L'idea dello sceneggiato radiofonico mi entusiasmava, con pure la prospettiva di contribuire a risollevare le finanze le mie stazioni prestando la mia abilità di scrittore alla radio. E poi cos'è successo? Non ci sono riuscito, ecco che co­sa. Ho provato e riprovato, ma tutto quello che scrivevo alla  fine somigliava a una narrazione. Non a uno sceneggiato, a una di quelle storie che si svolgono a poco a poco nella mente ha l'età per ricordare certi programmi radiofonici come Suspense e Gunsmoke capirà cosa intendo), ma a qualcosa di simiile a un libro su cassetta. Sono sicuro che avremmo conmunque potuto vendere lo sceneggiato ad altre stazioni, rica­vandoci qualche soldo, ma sapevo che non avrebbe avuto successo.

Era noioso. Gli ascoltatori si sarebbero sentiti im­brogliati. Aveva qualcosa che non andava, e non sapevo come rimediare. Scrivere sceneggiati radiofonici, secondo me, è un'arte perduta. Abbiamo perso la capacità di vedere con l'u­dito, anche se un tempo ce l'avevamo. Una volta, ricordo, mi bastava sentire un rumorista picchiettare con le nocche su un pezzo di legno cavo per vedere Matt Dillon avvicinarsi al bancone del Long Branch Saloon con indosso i suoi stivali polverosi, chiaro come il sole. Ora non più. Quei tempi sono passati.

Scrivere opere teatrali in stile shakespeariano - commedie e tragedie in versi sciolti - è un'altra arte perduta. La gente va ancora a teatro per assistere alle rappresentazioni universitarie di Amieto e Re Lear, ma diciamoci la verità: quanto successo credete che avrebbero in tivù queste tragedie contro un quiz o un programma come Survivor, anche se Amieto fosse inter­pretato da Brad Pitt e Polonio da Jack Nicholson? E per quan­to ci sia ancora chi va a vedere monumenti del teatro elisabettiano come Re Lear o Macbeth, l'apprezzamento di una forma d'arte dista anni luce dalla capacità di creare un nuovo esempio di quella forma d'arte. Di tanto in tanto c'è chi cerca di produrre uno spettacolo in versi sciolti, a Broadway oppure off-Broadway. Finisce inevitabilmente per fallire.

La poesia invece non è un'arte perduta. La poesia gode di li ottima salute. Certo, c'è sempre il solito branco di idioti (co­me amavano definirsi gli autori della rivista Mad) che si nasconde  nella massa, gente che confonde la pretenziosità con il io, ma ci sono anche molti che esercitano quest'arte in maniera brillante. Se non mi credete, date un'occhiata alle riviste letterarie nella libreria più vicina. Ogni sei poesie scadenti ne troverete un paio davvero buone. E questo, ve lo garantisco, è un rapporto decisamente accettabile tra gemme e spazzatura.

Anche l'arte del racconto non è perduta, ma a mio parere è ben più vicina della poesia al baratro dell'estinzione. Quando ho venduto il mio primo racconto, nel deliziosamente lontano 1968, lamentavo già la progressiva contrazione del mercato: le riviste pulp erano scomparse, le raccolte erano in crisi, i settimanali (come il Saturday Evening Posi) stavano moren­do. Negli anni successivi ho assistito all'inarrestabile riduzione del mercato dei racconti.

Che Dio benedica le piccole rivi­ste in cui i giovani scrittori possono ancora pubblicare le loro opere, che benedica i redattori che ancora leggono le pile di manoscritti inviati dagli aspiranti autori (soprattutto dopo il I panico da antrace post 11 settembre), e che benedica anche gli editori che di tanto in tanto approvano ancora la pubblica­zione di una raccolta di racconti inediti: ma Dio non ci metterebbe un giorno intero per benedirli tutti, e nemmeno la Sua pausa caffè. Gli basterebbe una decina di minuti. Ormai sono rimasti in pochi, e ogni anno ce n'è qualcuno di meno.

La rivista Story, un punto di riferimento fondamentale per i giovani scrittori (me compreso, anche se non vi ho mai pubblicato ninte), ha ormai chiuso i battenti. Ha chiuso anche Amazing Stories, nonostante i numerosi tentativi di riportarla in vita. Sono scomparsi alcuni interessanti periodici di fantascienza Vertex, e, certo, anche le riviste horror come Creepy e Eerie.

Queste magnifiche riviste non esistono più da molto. Ogni tanto qualcuno cerca di riportarle in vita: mentre scrivo, Weird Tales attraversa, arrancando, una di queste fasi. In genere, questi tentativi falliscono. È un po' come per le i teatrali in versi sciolti, che debuttano e chiudono in me-un batter d'occhio. Non si può riportare in vita quello I è Scomparso. Quello che è perduto è perduto per sempre. |iNel corso degli anni ho continuato a scrivere racconti, in perché di tanto in tanto mi vengono ancora in mente del successo, Chi ha spostato il mio formaggio? e basta. Non ho tempo, mi devo sbrigare, ho un infarto in programma fra circa quattro anni, voglio arrivarci con il fondo d'investimen­to in perfetto ordine.

Quando «Riding thè Bullet» è stato pubblicato come e-book (con tanto di copertina e logo della Scribner), è cambia­to tutto. La gente ha iniziato ad assediarmi nelle sale d'attesa degli aeroporti, persino in quella della stazione di Boston. Mi fermavano anche per strada. Per un periodo, ho rifiutato le of­ferte di partecipare a tre talk-show al giorno, una media da brivido. Sono persino finito sulla copertina di Time, e il New York Times ha pontificato più volte sull'apparente successo del racconto e sull'apparente fallimento del suo cybersucces-sore, The Plant. Buon Dio, sono finito sulla prima pagina del Wall Street Journal. Senza accorgermene, ero diventato un magnate dei media.
Ma cos'era che mi faceva impazzire?

Perché mi sembrava tutto senza senso? Il fatto era che nessuno si interessava al racconto. Accidenti, non mi domandavano niente di «Ri­ding», e sapete una cosa? È davvero bello, ve lo dico io. Sem­plice ma emozionante. Raggiunge lo scopo. Se esso (o uno qualsiasi di questa raccolta) vi ha spinto a spegnere il televi­sore, per quanto mi riguarda è un grande successo.

Invece, dopo l'uscita di «Riding thè Bullet», gli uomini in giacca e cravatta volevano sapere solo una cosa: «Come va? Vende bene?» Come spiegare che non me ne fregava proprio un cacchio di come andava sul mercato, che quello che mi im­portava era l'effetto che aveva sul cuore dei lettori? Aveva successo? Era un fallimento? Faceva correre un brivido lungo la schiena? Provocava quel piccolo frisson che è la vera ra­gion d'essere di ogni storia di paura? A poco a poco mi sono reso conto di assistere a un altro esempio di declino creativo, a un altro passo nella direzione che forse conduce davvero all'estinzione.

C'è qualcosa di strano e di decadente nell'apparire sulla copertina di una grande rivista solo per aver immes­so sul mercato un prodotto in maniera alternativa. Ed è ancora più strano rendersi conto che forse i lettori erano molto più in­teressati alla novità del formato elettronico che non al conte­nuto. Voglio davvero sapere quanti dei lettori che hanno scari­cato «Riding thè Bullet» lo hanno poi letto? No. Credo che potrei restarne molto deluso.

Forse in futuro è editoria elettronica e finirà per imporsi, o forse no: a me non importa un fico secco, credetemi. Per me, scegliere quella strada è stato solo un altro modo di restare pienamente coinvolto nel processo di scrivere storie e di farle arrivare a quante più persone possibile.

Scrivere racconti non è così facile come leggerli. In questo libro ce  ne sono solo due - quello che da il titolo alla raccoltae la "Teoria degli animali di L.T. » - che non mi hanno richiesto uno sforzo molto più grande del risultato relativamente che ho ottenuto. Eppure credo di essere riuscito a mantenere  fresca la scrittura, almeno per me, soprattutto perchè rifiuto di  lasciar passare un anno senza scrivere almeno un paio racconti.

Non è come andare in bicicletta, ma piuttosto come in pale­stra: o ci si tiene allenati o si perde tutto.

Stephen King
Bangor, Maine, Dicembre 2001

 
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